Il trend degli investimenti greenfield: cosa c’è stato fino al 2013

Come è noto, l’andamento degli investimenti diretti esteri (FDI) ricalca le dinamiche di espansione o contrazione che i sistemi economici registrano nel corso del tempo. Non stupisce dunque che la crisi economica avviata nel 2008 abbia avuto pesanti ripercussioni anche sugli investimenti di tipo “greenfield”, sia a livello mondiale che nazionale: nel 2013 venivano realizzati 13.957 progetti FDI, il 2,9% in meno rispetto al 2012 e quasi il 19% in meno rispetto al 2008.

L’area Asia-Pacific rimane l’opzione primaria degli investitori esteri, seguita dall’America (settentrionale e meridionale) e dall’Africa. L’Europa occidentale invece continua a perdere la propria capacità di attrarre investimenti esteri, registrando nel 2013 solo il 22,2% del totale dei progetti realizzati nel mondo.

FDIdiminuzione

 

In questo scenario ostile, spicca la performance della Lombardia. Da sempre giudicata “attrattiva” dagli investitori esteri, questa regione nell’ultimo anno sembra diventata davvero irresistibile. Con una crescita del 12% nei progetti FDI realizzati in Regione, la Lombardia è una delle poche con segno più nel vecchio continente.

La Lombardia si conferma ancora una volta il gateway per l’accesso di nuovi finanziatori interessati a sviluppare business sul territorio nazionale ed europeo. Non desta invece stupore la distribuzione geografica e settoriale media degli investimenti realizzata nell’ultimo decennio.  L’elaborazione di Invest in Lombardy su dati fDi Intelligence del The Financial Times evidenzia infatti che su un totale di 47 progetti greenfield realizzati sul territorio, oltre il 70% ha avuto sede a Milano, interessando per oltre i 2/3 il settore dei servizi, ma anche quello della logistica (5%) e della manifattura (6%).

Un’ultima nota riguarda il fenomeno start-up. Anche se ancora a livelli marginali, stanno aumentando gli FDI per le start-up focalizzate su innovazione, R&D, design e prototipazione. Un elemento ulteriore che lascia ben sperare per la crescita futura degli investimenti diretti esteri: scommettendo su settori knowledge-intensive si trattengono infatti le migliori risorse umane,  si fa crescere il capitale intellettuale disponibile e si incrementa la capacità del territorio di esprimere un differenziale positivo sul nell’arena competitiva contemporanea: quella basata sulla conoscenza.

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